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Tracce e segni di presenza degli animali: studiare e collezionare tracce e segni

 

 

 

Introduzione

In questa sezione verranno analizzate le tecniche e le attrezzature utili per studiare, identificare e anche collezionare le tracce e i segni degli animali. Ci sono diversi motivi per collezionare tracce e segni degli animali, si può realizzare una collezione a scopo personale, per passione o per riferimento, ma anche a scopo didattico, si può creare un piccolo museo naturalistico per esempio a scuola per fare attività con i bambini.

 

Aspetti legali

La fauna selvatica è protetta da tutta una serie di leggi e ad esempio la legge 157 (11 febbraio 1992). In particolare per una collezione sulle tracce e segni degli animali:

-Il prelievo di uova è assolutamente vietato.

-I nidi abbandonati di Passeriformi possono essere prelevati in inverno (assicurandosi che non siano occupati da Mammiferi come il Moscardino)

-Penne e fatte possono essere raccolte e collezionate

-Palchi e scheletri vanno dichiarati comunicando il rinvenimento agli uffici regionali, si va comunque sulla base di leggi regionali che dunque vanno consultate e rispettate in base alla propria regione.

Attenzione ai regolamenti dei parchi e delle aree protette che potrebbero, ad esempio, vietare la raccolta di palchi e crani/scheletri e altro.

 

 

Attrezzatura da campo

 

Introduzione

Per imparare a riconoscere le tracce degli animali non servono obbligatoriamente delle attrezzature, al limite può bastare solo lo smartphone per fare delle foto documentative e un piccolo metro per avere un riferimento metrico; se però si vuole approfondire meglio le proprie conoscenze o se si vuole creare una collezione personale, sarà necessario portare qualche attrezzatura in più. Inoltre, se siete appassionati di tracce e segni di animali quando andate per natura sarà utile portare qualche attrezzatura “naturalistica” come ad esempio il binocolo e una fotocamera; ricordate, infine, che quando ci si muove in natura è sempre bene usare un abbigliamento consono da outdoor e portare con se un minimo di equipaggiamento di emergenza come ad esempio un poncho o K-way in caso di pioggia improvvisa, una torcia etc.

 

Smartphone

Oggi gli smartphone hanno rivoluzionato la nostra vita, non solo nell’ambito della comunicazione ma anche per tutta una serie di altre funzioni che essi possono svolgere. Anche nell’ambito delle tracce degli animali lo smartphone può essere utile per tantissime applicazioni, vediamone le principali:

-Fotocamera: se non si ha l’esigenza di fotografare direttamente gli animali, il che richiederebbe una fotocamera con un certo ingrandimento, lo smartphone è più che sufficiente, soprattutto gli ultimi modelli, per documentare le varie tipologie di tracce e segni. La fotocamera inoltre registra automaticamente sia l’ora e la data delle foto e se si attiva il GPS sullo smartphone e sulle opzioni della fotocamera, può registrare anche le coordinate in cui è stata scattata una foto. Successivamente tramite appositi softwares sarà possibile visualizzare graficamente le varie foto fatte su una mappa.

-Taccuino: se non ci si vuole portare un taccuino cartaceo lo smartphone consente di prendere note sia attraverso funzioni già integrate nei vari sistemi operativi (Android o iOs) sia con App specifiche; alcune app consentono anche di disegnare, questo vale principalmente per i tablet o i phablet che hanno anche un pennino.

-Torcia: sarebbe sempre importante avere una torcia apposita ma in caso non si abbia a disposizione una torcia il piccolo led di uno smartphone può essere utile in diverse situazioni come ad esempio illuminare una tana.

-Guide al riconoscimento: è possibile caricare sullo smartphone manuali in pdf oppure app per l’identificazione degli animali, piante, tracce degli animali etc.

-Registrazioni bioacustiche: anche i versi degli animali, i canti degli uccelli sono dei “segni” della loro presenza, per future identificazioni può essere utile registrare i suoni che non conosciamo o anche allo scopo di creare una nostra banca dati. Il microfono dello smartphone è omnidirezionale e non particolarmente a registrare suoni a una certa distanza; sarebbe utile usare un piccolo microfono direzionale da collegare allo smartphone per registrazioni più direzionali . 

 

Taccuino e matita

Il taccuino per un naturalista è senza dubbio uno degli strumenti più utili; ovviamente va abbinato a una matita; la matita è molto migliore delle penne a meno che non siano penne specifiche per l’uso outdoor, la matita non si congela quando fa freddo e non avendo inchiostro non si rischia di creare sbavature in caso di pioggia o tempo umido. Quando sul campo ritroviamo una traccia interessante o per qualsiasi osservazione è importante segnare tutta una serie di informazioni  che risulteranno molto utili per analizzare successivamente le informazioni. Il taccuino consente anche di disegnare, se ve la cavate, il disegno può fornire molte informazioni su ciò che avete osservato sul campo. Dati importanti da registrare sono:  

-Data, ora

-Località (eventualmente anche coordinate GPS)

-Habitat e altitudine (sono molto utili come parametri aggiuntivi per identificare le specie o escludere altre specie)

-Tipologia di traccia (impronta, pista, resto di pasto, tana, nido etc)

-Altri segni di presenza (impronte vicino ai resti di cibo o alle tane, fatte etc)

-Misurazioni (ad esempio lunghezza e larghezza delle orme, diametro di entrata delle tane etc)

 

 

 

Righello

Come si è detto in precedenza è molto importante eseguire misurazioni delle tracce e segni di presenza che si trovano; le misure, anche e in linea generale, sono un ottimo parametro discriminante per riconoscere le specie di appartenenza. Il righello è anche utilissimo come riferimento metrico quando si scattano le foto, sarà poi possibile infatti eseguire misurazioni dopo, direttamente sulla foto o avere comunque un riferimento che ci faccia capire quanto più o meno è grande ciò che abbiamo fotografato. Consigliabile è una riga d’acciaio da 30 cm come ad esempio questi modelli

In caso siate sprovvisti di righello, magari in una situazione in cui non avete la vostra attrezzatura da campo, si può usare una moneta come riferimento metrico.

 

 

 

Cesoiette

Delle piccole cesoiette sono sempre utilissime da portare sul campo, non vanno mai dimenticate; servono per muoversi in mezzo ai rovi, servono per tagliare parti di rami con segni di alimentazione, per staccare vecchi nidi con parti dei rami dove sono fissati etc.         

Si possono usare anche forbici multiuso (più costose) che oltre a funzionare come cesoie hanno anche altri utili accessori come il coltello, forbici più piccole, pinzetta etc.

 

 

 

Contenitori e bustine e pennarello

Contenitori di vario tipo, da quelli rigidi di plastica (anche scatole riciclate) a buste con chiusura ermetica zip-loc di varie dimensioni sono molto utili per raccogliere reperti e proteggerli durante il trasporto; si pensi ad esempio a un delicatissimo guscio d’uovo o un insetto morto. Importantissimo è anche avere con se un pennarello indelebile col quale segnare sempre sui apposite etichette o sulle buste la data e luogo di ritrovamento del reperto.

 

Lente di ingrandimento

Se non è già presente nel coltellino multiuso, una piccola lente di ingrandimento da campo è sempre utile per osservare i piccoli dettagli (ad esempio il modello da gioielliere o questo modello tascabile con led); le tracce dei denti dei micromammiferi roditori sulla vegetazione per esempio sono difficili da analizzare a occhio nudo e così anche i peli dei mammiferi soprattutto se si tratta di peli singoli e non di ciuffi interi. Molto utile poi se siete appassionati anche di entomologia per osservare piccoli insetti o le loro uova e altri segni di presenza di invertebrati.

       

 

Pinzette

Strumento piccolo e molto utile per raccogliere elementi minuscoli o delicati come peli, piccole fatte, gusci d’uovo etc; utili anche per ripulire delicatamente le impronte prima di fare una foto o un calco. 

 

 

Guanti usa e getta in lattice

Le fatte, soprattutto di carnivori e anche le borre possono  trasmettere agenti patogeni  e malattie come ad esempio salmonellosi, Escherichia coli, istoplamosi solo per citarne alcuni. Anche i resti di animali morti possono portare germi e malattie. Per questi motivi è importante indossare guanti in lattice usa e getta se si manipolano fatte escrementi borre o resti animali.

 

 

Binocolo

Strumento fondamentale per chiunque sia appassionato di natura; ci con sente di “estendere” il senso della vista e poter individuare animali lontani prima che loro individuino noi. Molto comodi sono i piccoli binocoli tascabili, se non ci si vuole portare troppo peso anche se questi binocoli hanno scarsa luminosità. I modelli più economici possono avere scarsa durata nel tempo e scarsa resistenza all’uso in ambiente esterno e ai fattori atmosferici, non sempre infatti spendere poco vuol dire risparmiare. Esiste una vasta scelta di modelli, in questa pagina potete trovare una selezione dei migliori binocoli sul mercato.

 

 

Fotocamera

Per la documentazione di tracce e segni degli animali le caratteristiche fotografiche e la qualità delle foto di uno smartphone sono più che sufficienti in genere. Se però si vogliono anche fotografare animali, anche a una certa distanza, una buona fotocamera è la scelta migliore. Esistono diverse opzioni interessanti, anche le videocamere palmari possono essere un’ottima scelta, sono piccole, praticamente tascabili e hanno ingrandimenti molto forti che consentono di realizzare buoni video di soggetti anche molto distanti. Per la scelta del modello più adatto visitate le apposite sezioni di questo sito nella sezione prodotti consigliati oppure la sezione dedicata alla scelta della fotocamera.

Consigli per le foto

-Assicurarsi che ora e data sulla fotocamera e sullo smartphone siano sempre corrette

-Se la fotocamera ne è dotata o se si scatta con lo smartphone assicurarsi che il GPS sia attivo

-Nei dati exif delle foto sarà dunque possibile avere registrati, in modo automatico, la data e l’ora e le coordinate GPS del punto in cui la foto è stata realizzata. Le foto con i dati GPS possono poi essere visualizzate sul computer con appositi software di georeferenziazione che vi mostreranno le foto che avete realizzate su una mappa. (maggiori informazioni su questa pagina   e  su questo articolo )

 

Fototrappola

Strumento moderno, che si è diffuso da una decina di anni, leggero da trasportare e poco costoso se si sceglie un modello base, la fototrappola consente di ottenere foto e/o video di animali di giorno e di notte con autonomia di diversi giorni e anche settimane. Può essere utilissima ad esempio quando si trova una traccia come una impronta, una pista una fatta o una tana e non si riesce a risalire al proprietario. I modelli base si trovano sulla fascia entro le 50 euro, modelli un po’ migliori si hanno nella fascia entro le 100 euro ma vi sono modelli anche dalle 100 alle 200 euro con caratteristiche ancora migliori. Visitate le apposite sezioni del sito per maggiori consigli sulla scelta della fototrappola.

 

 

 

Kit per calchi

L’attrezzatura per realizzare calchi delle impronte verrà descritta dettagliatamente nell’apposito paragrafo. Può essere un piccolo kit leggero, per realizzare pochi calchi, o un kit più ingombrante e pesante per realizzare molti calchi.

 

Bioacustica 

Quando si è sul campo si può anche essere interessati nella registrazione dei suoni della natura; in questo caso sarà utile portare un buon microfono direzionale abbinato a un registratore digitale o collegato alla videocamera o fotocamera che si usa per filmare gli animali. 

 

Muoversi sul campo: attrezzatura outdoor

 

Sistemi di trasporto

Quando si va in natura si può aver bisogno di diverse attrezzature e dunque uno zaino può essere molto comodo; per una semplice camminata, ad esempio nel bosco dietro casa, può invece essere comodo usare un marsupio se non si ha molta roba da portare con se. Zaini da trekking o per outdoor sono i migliori; gli zaini da trekking sono più adatti per lunghe camminate, sono più comodi da portare, distribuiscono bene il peso e molti modelli hanno anche uno schienale traspirante così da non far sudare le spalle; gli zaini tattici o militari consentono di organizzare meglio l'attrezzatura grazie alle numerose tasche interne ed esterne, sono spesso mimetici e poco appariscenti ma possono essere più scomodi per uscite lunghe, ma dipende ovviamente dai modelli.

 

 

Multitool

Sul mercato esistono numerosi strumenti multiuso, chiamati appunto "multitool", dai coltelli (chiamati anche coltelli svizzeri) alle pinze ma anche forbici o micro-multitool composti ad esempio da un semplice moschettone. Un coltello multiuso o una pinza sono gli strumenti più utili, in poco spazio e poco peso si può disporre di una serie di accessori spesso molto importanti: la pinzetta, la lente di ingrandimento, la lama, il seghetto, solo per fare alcuni esempi.

Kit di emergenza

Anche se si fa una semplice passeggiata "nel bosco dietro casa" è sempre bene avere un minimo di attrezzatura di emergenza con se; si può ad esempio essere colti all'improvviso da un temporale estivo e per questo è sempre importante tenere un poncho o un k-way nello zaino, un piccolo kit di prontosoccorso è altrettanto utile in caso ci si ferisca, una retina anti-insetto e qualche prodotto deterrente per zanzare, zecche, pappataci e simili sono importanti nella bella stagione.

 

 

Torcia

Molto spesso, per comodità, si usa la torcia (led) dello smartphone quando serve un po' di luce ma questa è una soluzione che è meglio evitare, prima di tutto per evitare di scaricare la batteria dello smartphone e poi perchè una torcia dedicata svolge molto meglio la sua funzione in termini di potenza luminosa e di comodità ad esempio una torcia da testa ci lascia le mani libere di operare. La torcia può essere utile quando si rientra più tardi del previsto e arriva il buio oppure per illuminare zone buie come una cavità, una fessura su un tronco, una tana abbandonata etc.

 

 

Borraccia e Thermos

Nel periodo caldo è sempre importante portare con se una scorta di acqua tanto abbondante quanto più lungo sarà il tempo che passeremo fuori. Per lo scopo si possono usare le apposite borracce da outdoor che consentono, se ben riposte dentro lo zaino, di mantenere l'acqua al fresco per lunghi periodi grazie ai materiali isolanti con cui sono realizzate. Allo stesso modo un thermos che consenta di tenere al caldo una bevanda come the o caffè risulta molto utile nelle uscite invernali in situazioni di freddo.

 
 

Abbigliamento e calzature

Muoversi in natura a volte non è così semplice come in ambienti urbani; rami, rovi, fango, pioggia, freddo e altri elementi naturali possono rendere un'uscita nel bosco molto spiacevole. La scelta dell'abbigliamento adatto è quindi di grande aiuto; scarponcini adatti al tipo di terreno che si andrà ad affrontare, pantaloni e giacche di buona qualità, impermeabili e traspiranti che proteggano da rami e spine, ghette, cappelli, guanti sono tutti elementi da non sottovalutare quando ci si muove in natura.

 

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Trovare impronte e piste

Impronte e piste degli animali sono la tipologia di traccia più comune e facile da trovare, ma solo se le condizioni del terreno sono adatte. Dalle tracce si può spesso arrivare ad una identificazione abbastanza precisa della specie che le ha lasciate.

 

Dove cercare le impronte

Al fine di imprimere le impronte il terreno deve essere sufficientemente morbido rispetto alle dimensioni dell’animale; nel caso di un animale molto grande e pesante come un cervo il terreno può rimanere “impresso” con le sue orme anche se molto duro e con andatura al passo, lo stesso terreno probabilmente non rimarrebbe “impresso” dalle impronte di una lepre, molto più piccola e leggera. Vi sono situazioni in cui il terreno forma una vera e propria “trappola” per impronte di animali di ogni dimensioni.

Neve

È una delle condizioni migliori per ritrovare tracce; la neve però non consente, nella maggioranza dei casi, di trovare tracce molto dettagliate, questo però non impedisce di identificare l’autore nella maggioranza dei casi; nella neve inoltre è più facile trovare altri segni di presenza oltre alle impronte come ad esempio le fatte o anche l’urina. Inoltre la neve può consentire di seguire la pista lasciata da un animale anche per centinaia di metri o addirittura chilometri consentendo così di “leggere” meglio il comportamento del o dei soggetti, cioè i punti dove si sono fermati a brucare o a odorare, gli inseguimenti di una preda, i punti di marcatura etc. Nel monitoraggio del lupo (Canis lupus) ad esempio, lo Snow Tracking è una delle tecniche più utilizzate, infatti.

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Sabbia

Come la neve anche la sabbia fornisce un’ottima trappola per impronte e come per la neve, però, nella sabbia non si riescono a vedere i più piccoli dettagli delle impronte.  La sponda di un fiume o una spiaggia al mare soprattutto d’inverno quando non ci sono bagnanti, sono ottime situazioni per trovare impronte e piste di animali, anche i più piccoli lasciano tracce sulla sabbia (invertebrati, anfibi, rettili).

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Fango

È la situazione migliore per osservare le impronte, soprattutto se il suolo è composto da terreno compatto e a grana fine. Il fango argilloso è in assoluto la migliore trappola di impronte che si possa trovare e riesce a mantenere ogni minimo dettaglio delle impronte, e, infatti, è fornisce le migliori occasioni per prendere i calchi delle impronte. Rive di stagni e corsi d’acqua sono spesso fangose e forniscono ottime situazioni per ritrovare impronte di animali, soprattutto d’estate quando l’acqua è un potente attrattivo per ogni specie animale. Girare in natura in inverno dopo un periodo di piogge non è semplice ma è un’ottima occasione per trovare impronte nel fango e altrettanto utile è esplorare gli ambienti naturali in primavera o in autunno dopo qualche bella perturbazione di pioggia.

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Trappole per impronte

Un buon sistema per osservare e documentare impronte degli animali ma anche per avere delle buone occasioni per farne i calchi è quello di costruire una vera e propria “trappola”per impronte.  La si può realizzare in giardino o anche in un campo o in un bosco, ovunque ci sia presenza di animali.

Meglio scegliere punti con scarsa vegetazione con un certo tipo di terreno non troppo sabbioso o pietroso; l’area va ripulita con cura da foglie, rami, sassi etc, quindi con una zappa o una pala tattica  si dissoderà il terreno, rimescolando la terra con le mani e continuando a eliminare sassi, foglie e rametti al fine di creare una superficie che sia quanto più pulita possibile; si può anche filtrare la terra usando un setaccio da giardino, dopo di che si può livellare la superficie con un rastrello e la si innaffierà fino a ottenere un substrato umido e morbido adatto a imprimere le impronte. La superficie da preparare in questo modo non deve essere enorme, per piccoli animali basta un metro quadrato. Si possono anche porre dei semi di girasole, della frutta o qualche noce/nocciola per indurre gli animali a passare dalla nostra trappola per impronte. La trappola va preparata di sera e ricontrollata il giorno dopo.

 

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Documentare le tracce degli animali

 

Foto

Le foto digitali che oggi si possono realizzare in ottima qualità anche con gli smartphone sono un’ottima documentazione anche nel caso di impronte e piste. Come già sottolineato nell’apposito paragrafo è sempre importante porre vicino all’impronta o pista un righello come riferimento metrico (se non si ha il righello si può usare una moneta). Le impronte non sono semplicissime da fotografare perché se non si ha la luce giusta esse appaiono “piatte” e poco tridimensionali dunque poco “leggibili” nella foto; la luce migliore è quella radente, delle prime ore del mattino o durante il tramonto; questo tipo di luce crea un gioco di ombre/luci che migliora la tridimensionalità delle impronte; se non vi sono le giuste condizioni di luce ci si può far aiutare dalla torcia, posizionandola a terra con il fascio di luce radente al terreno per cercare di simulare una luce radente naturale.

 

Raccolta di dati e misurazioni

Quando si trova un’impronta va analizzata tutta l’area intorno, forse si possono trovare altre impronte e trovare tutta la pista, che può fornire molte più informazioni per identificare la specie che le ha prodotte; inoltre si possono trovare altri segni di presenza come per esempio delle fatte o dei segni di alimentazione.

Sulle impronte è importante misurare la lunghezza e la larghezza totale sia che si tratti di un’orma di ungulato che di un’orma a cuscinetti; in queste ultime se presenti artigli/unghie la lunghezza dovrebbe essere misurata sia includendo gli artigli/unghie sia solo dell’orma senza artigli/unghie; nelle orme da ungulato se presenti gli speroni è importante anche misurare la distanza degli speroni dall’impronta; inoltre è utile misurare la divaricazione degli zoccoli cioè la distanza tra le punte dei due zoccoli e la lunghezza del polpastrello.

Nelle tracce degli uccelli si misura ugualmente la lunghezza e la larghezza dell’orma e è utile anche misurare la lunghezza del terzo dito (dito centrale) che può essere utile a discriminare alcune specie simili; va anche annotata l’eventuale presenza di membrane interdigitali.

Se si trova una pista si possono acquisire ulteriori dati utili per identificare la specie che l’ha prodotta e anche la sua modalità di spostamento (trotto, galoppo etc). Si va quindi a misurare

- il passo, cioè la distanza tra il punto estremo di un’impronta e quello della traccia seguente lasciata dalla stessa zampa

-la larghezza della pista (detta “sella”) cioè la distanza tra le tracce di sinistra e quelle di destra.

-l’inclinazione delle orme cioè l’angolo che si forma tra l’orientamento dell’orma e la linea che segue la direzione della pista; la misura di questo angolo può fornire informazioni su età e sesso del soggetto. 

 

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Misurare le impronte e piste degli animali

 

 

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Calchi delle impronte

Fare i calchi delle impronte è il modo migliore per documentarle ancora più delle foto anche perché si avrà una struttura 3D quasi uguale all’impronta che si trova sul campo. Si fa un calco negativo sul campo, ma per avere un calco dell’impronta reale bisogna poi rifare un successivo calco a casa, detto positivo. Il calco negativo è l’equivalente in gesso della zampa che ha prodotto l’impronta mentre il calco positivo che si otterrà a casa sarà una replica dell’impronta stessa che abbiamo trovato sul terreno.

 

Attrezzatura

Si può inserire tutto in un unico contenitore, se si vuole essere più organizzati si può inserire il tutto in una tasca tattica cercando di ridurre il più possibile il volume. Gli attrezzi che serviranno sono: pinzetta, pennello, contenitore per l’impasto rigido o di gomma, gesso, acqua, sapone, telaietti per il calco.

 

Quanto gesso e acqua portare?

Tutto dipenderà da quanti calchi vorremo fare; se si esce appositamente con lo scopo di realizzare quanti più calchi possibile sarà necessario portarsi una buona quantità di gesso, anche 2 kg; se inoltre si sa già che sarà difficile trovare acqua sul posto sarà necessario portare anche questa, in una o due bottiglie da 1,5 litri; in questo modo si avrà la massima autonomia sia intermini di quantità di calchi da realizzare sia in caso di assenza di acqua sul posto. Se però non si vuole viaggiare troppo carichi e si vuole comunque tenere un piccolo kit per realizzare 1-2 calchi si può alleggerire il tutto, riducendo le quantità di gesso (bastano 200-300 grammi) e di acqua (basta una bottiglia da mezzo litro).

 

Telaietti:

Per colare il gesso servirà un telaietto di forma quadrata, rettangolare o circolare sebbene quest’ultima sia una forma piuttosto scomoda nel caso di grandi collezioni perché occupa più spazio. È bene preparare più telaietti di diverse dimensioni in base alla dimensione dell’orma di cui si vuole fare il calco, ad esempio un telaietto piccolo di 5x7,5 cm, uno medio di 7,5x10 cm e uno grande di 15x20 cm. L’altezza dei bordi deve essere di 5 cm in questo modo ci sarà spazio per fare il primo calco (negativo) e il secondo calco a casa (positivo) sullo stesso telaietto.  Ci sono molti modi per realizzare i telaietti, da quelli più rapidi riciclando materiali facilmente reperibili in casa a quelli più laboriosi: ecco alcuni consigli:

-Cartone:

Un modo molto rapido per realizzare un telaietto è usare del comune cartone, va bene quello da imballaggio con uno spessore di almeno 3 mm;  in questo caso i telaietti saranno usa e getta perché una volta fatta la colata di gesso si inumidiscono e non saranno più funzionali.

-Telaietto in plastica:

Si possono riciclare oggetti che abbiamo comunemente a casa come i vassoi di plastica, meglio se rettangolari o quadrati ma vanno bene anche quelli circolari, sarà sufficiente tagliarne il fondo per avere un telaietto di lunga durata (assicurarsi anche in questo casa che l’altezza dei bordi sia di almeno 5 cm).

-Metallo:

Se si vuole un telaio di alta qualità, montabile sul campo e leggero si può usare un listello di lamiera o ancora meglio di alluminio; nel caso della lamiera è consigliato uno spessore di 0,6 mm, nel caso dell’alluminio si può usare uno spessore anche di 1-2 mm; l’altezza del listello deve sempre essere di almeno 5 cm; l’alluminio è consigliato, si possono tagliare diversi pezzi con diverse lunghezze (ad esempio 2 pezzi da 5 cm e 2 pezzi da 7,5 per un telaietto piccolo) e si possono tenere uniti semplicemente con del nastro isolante o un grosso elastico.

 

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Come eseguire il calco di un'impronta

 

Operazioni sul campo

Per fare dei buoni calchi è importante trovare impronte quanto più perfette possibile, nelle quali si possano vedere più dettagli possibili; i calchi migliori si ottengono nei terreni compatti come per esempio i terreni argillosi non troppo umidi. Le orme non troppo profonde sono le migliori perché sarà poi più facile staccare il calco positivo dal negativo; con quelle troppo profonde questa operazione può risultare più difficoltosa e a volte si è costretti a rompere il calco negativo per estrarre il positivo.

Una volta trovata un’impronta adatta, con la pinzetta e il pennello si ripulisce l’impronta da eventuali detriti ma bisogna porre attenzione a non cercare di togliere rametti, steli o pietruzze se sono saldamente conficcati nel terreno perché altrimenti si rischia di rovinare l’impronta stessa. A questo punto si posizionerà il telaio delle giuste dimensioni intorno all’impronta; il telaio va pressato per farlo penetrare un po’ nel terreno e non avere perdite di gesso dopo la colata, in questa operazione ci si può aiutare con un coltellino per allargare il solco e incastrare per bene il telaio.

A questo punto si può impastare il gesso; si riempie un contenitore con acqua, vi si scioglie un pezzo di sapone fino a che non si ottiene un liquido lattiginoso; il sapone fornisce il vantaggio di rafforzare la struttura del calco e allo stesso temo rendere il calco più leggero e vaporoso. Il gesso deve essere impastato fino a raggiungere una consistenza cremosa fluida; ci si può regolare se troppo liquido aggiungendo altro gesso o se troppo solido aggiungendo altra acqua. Almeno all’inizio è utile usare contenitori graduati ed è bene segnare le quantità di acqua e gesso che si usano perché torneranno utili successivamente; poi con l’esperienza si potrà fare tutto “a occhio”. A questo punto si versa il gesso, pian piano, fino a formare un mucchietto che dal fondo arriva fino al livello dell’acqua o lo supera di poco; è bene non impastare subito ma lasciar riposare il gesso per un paio di minuti affinché si impegni completamente in questo modo si rapprenderà meglio se mescolato meno possibile; con l’esperienza ci si migliorerà sempre di più sulle dosi e sulla densità ideale, all’inizio è normale fare degli errori. Una volta pronto il gesso questo va versato sul calco cercando di evitare la formazione di bolle; il gesso deve coprire tutta l’impronta lasciando uno strato di almeno 5 mm sopra di essa, ancora meglio se di 1 cm.  Quindi non resta che attendere che il gesso si solidifichi; il tempo necessario in genere va dai 15 ai 30 minuti ma dipende da molti fattori, tra cui la tipologia di gesso, la densità, l’umidità del terreno e la temperatura ambiente; in estate col caldo, per esempio i tempi saranno più brevi, in inverno e col terreno umido i tempi saranno più lunghi. La reazione di indurimento del gesso provoca calore, il calco sarà pronto quando dopo essere diventato caldo si raffredderà nuovamente a temperatura ambiente. L’estrazione del calco va fatta con delicatezza soprattutto se non è perfettamente indurito, ci si aiuta anche con il coltello; il calco appena estratto risulterà pieno di detriti e impurità, alcuni si possono pulire direttamente sul campo ma per una pulizia più approfondita è meglio lavorare a casa quando il calco sarà ben indurito. Poiché il calco può non essere perfettamente indurito ed è comunque delicato è bene avere molta cura nel suo trasporto; l’ideale è avvolgerlo in un in un pezzo di stoffa e chiuderlo all’interno di un contenitore rigido facendo in modo che non si muova, per evitare che prenda delle botte durante il cammino del ritorno. Le operazioni sul campo sono finite, si continuerà poi a casa dove le operazioni possono eseguite con più cura e col gesso già ben asciutto.

 

Operazioni a casa

Per prima cosa si procederà a pulire bene il calco negativo ottenuto sul campo, dopo aver aspettato che il gesso si sia essiccato per bene; si possono usare diversi strumenti per ripulire bene il calco come ad esempio un pennello o meglio ancora un vecchio spazzolino da denti; nelle crepe e fessure così come nei punti in cui si sono formate delle bolle o degli incavi provocati da detriti che abbiamo eliminato si può intervenire con dello stucco o della plastilina. Una volta ripulito il calco negativo si provvederà a realizzare il calco positivo; in questa operazione è utilissimo spalmare il calco con vaselina o olio siliconico che impediranno che il calco positivo aderisca sul negativo; in questa operazione ci si aiuta con un pennellino e anche con le dita per raggiungere ogni parte del calco. Se il telaio ha i bordi della giusta altezza (5-6 cm) si può rifare la seconda colata per ottenere il positivo sullo stesso telaio; si impasta dell’altro gesso e lo si versa, in questo caso è bene che il calco positivo abbia un maggiore spessore del negativo così da avere maggiore robustezza, soprattutto nei calchi più grandi. Si attenderà del tempo, anche più di un ora, per assicurarsi che il gesso del calco positivo sia ben asciutto e duro; nonostante la vaselina o l’olio siliconico i due calchi aderiranno in modo saldo l’uno all’altro quindi per separarli sarà bene usare un coltello, utile soprattutto per separare i bordi dove il gesso può essersi infiltrato. Una volta separati i due calchi, il positivo mostra una copia perfetta dell’impronta originale che avevamo trovato sul terreno. Il calco positivo può essere rifinito eliminando parti inutili col coltello e in caso di bisogno chiudendo eventuali fessure o buchi con dello stucco.

Se si vuole un calco un po’ più naturale non si vuole lasciare il bianco del gesso, quando si prepara l’impasto per il calco positivo si può aggiungere all’acqua un po’ di colorante per tempera da muri cercando di ricreare il colore del substrato in cui è stata trovata l’orma.

Per rifinire il calco si può usare dello smalto o vernice trasparente che ne aumenterà la resistenza e impedirà di sporcarsi di bianco quando si tocca il calco. Lo smalto o vernice trasparente però creano una certa lucidità che non è naturale, se si vuole evitare questo si può usare dello smalto e colorare il gesso in modo da dargli una tonalità di colore bruno o sabbia/ocra simile al terreno dove è stata trovata l’impronta. Il colore può essere aggiunto direttamente all’impasto del gesso del positivo.

 

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Scheletri e crani

 

Documentazione

 

Misure

Nel cranio dei mammiferi le misure tipiche utili da registrare sono la lunghezza totale, l’altezza e la larghezza; a queste è importante aggiungere la tipologia di dentatura ed eventualmente la formula dentaria oltre che luogo e data del ritrovamento, tipo di ambiente e altitudine.

Nel cranio degli uccelli si misura la lunghezza e l’altezza del cranio ma anche la lunghezza del becco; il rapporto lunghezza del becco/lunghezza del cranio è importante come aiuto per l’identificazione delle specie, da questo punto di vista infatti gli uccelli si dividono in tre grandi categorie:

a) Specie con lunghezza del becco superiore alla lunghezza del cranio

b) Specie con lunghezza del becco più o meno uguale alla lunghezza del cranio

c) Specie con lunghezza del becco inferiore alla lunghezza del cranio 

 

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Come misurare un cranio

 

Conservazione

Sotterramento dentro una retina

Sotterrare carcasse, crani o altri resti animali aiuterà la “scheletrificazione”; è bene sotterrare solo a pochi centimetri di profondità e in terreno ben drenato; per evitare di perdere dei pezzi come le ossa più piccole, è bene rinchiudere il materiale all’interno di una retina ben chiusa, che possa consentire ai vari decompositori di entrare ma evitando di perdere le ossa piccole. Il tempo necessario varia in funzione della temperatura (in estate ci vuole meno tempo), dello stato della carcassa (un animale morto ancora integro, con pelliccia muscoli organi interni richiederà molti mesi) e dalla dimensione stessa della carcassa. 

Decomposizione in acqua

È uno dei metodi più semplici anche se piuttosto “puzzolente”; non si deve far altro che immergere le ossa in un contenitore pieno d’acqua, l’acqua non va più cambiata; si formerà un’alta concentrazione di  batteri che provvederanno a ripulire per bene le ossa; il processo funziona meglio con alte temperature dunque in estate. In genere il tempo richiesto è di un paio di settimane, una volta sciacquate per bene le ossa sono pronte per la sbiancatura finale. Questo metodo consente di mantenere integre anche le ossa più piccole e più fragili di uno scheletro o di un cranio per esempio quelle dell’orecchio interno, che con altri metodi possono invece rovinarsi o andare perse. 

Uso di insetti

Un altro metodo per ripulire ossa e crani è quello di sfruttare gli invertebrati; un piccolo cranio o il piccolo scheletro di una lucertola si può posizionare, ad esempio, vicino ad un formicaio, dopo averlo rinchiuso in una retina che lasci passare le formiche ma impedisca di perdere le piccole ossa. Un altro metodo, invece, prevede di posizionare le ossa o i crani da ripulire in un contenitore, chiuso superiormente con una retina traspirante, e inserire all’interno dei coleotteri dermestidi oppure degli Isopodi come l’Amadillidiium vulgare che si possono trovare sotto le foglie secche o sotto i sassi; funziona discretamente bene anche l’uso dei bigattini (larve di mosca carnaria) comunemente acquistabili nei negozi di pesca ma questi ultimi funzionano bene solo se la carne è abbastanza fresca e non secca.

 

Sbiancatura

Una volta ripulito il cranio o le ossa, l’ultima operazione è quella della sbiancatura; questa si può fare con Acqua ossigenata oppure  con una soluzione diluita di candeggina; se non si vogliono usare sostanze chimiche si possono lasciare le ossa esposte alla luce solare per qualche giorno.

  

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Peli e penne

 

Documentazione

Generalmente i parametri più importanti da misurare su una penna sono:

-Lunghezza: si poggia la penna su un righello (meglio se dotato di bordo di arresto) con la punta del calamo in corrispondenza dello zero, la si schiaccia delicatamente e si legge la misura in corrispondenza della punta della penna.

-Larghezza: si cerca di individuare il punto di massima larghezza della penna, la si poggia sul righello con un lato in corrispondenza dello zero e si legge la misura in corrispondenza dell’altro lato.

-Rapporto calamo/vessillo: durante la misurazione della lunghezza, descritta al primo punto, è importante anche registrare la lunghezza del solo calamo così da poter ottenere la misurazione del rapporto calamo/vessillo utile per riconoscere alcune specie.

-Simmetria: nel punto di massima larghezza è utile registrare anche la singola “larghezza” dei due lati delle lamine del vessillo (lamina esterna e interna) questo rapporto è utile per capire ad esempio se la penna è una remigante o una timoniera. 

 

Fotografia

Se non si vogliono raccogliere le penne ma si vuole una documentazione fotografica e/o si vuole studiare meglio l’identificazione successivamente è utilissimo anche fotografare le penne che si trovano andando in giro per natura; come per altre tracce e segni di animali si procede in questo modo:

-Si può usare lo smartphone per una maggiore comodità

-Si ponga sempre un elemento metrico di confronto (sarebbe ottimo il righello ma in sua assenza va bene anche una moneta)

-Si attivi il GPS sullo smartphone e l’apposita opzione di geotagging delle foto nelle opzioni della fotocamera; in questo caso tutte le foto includeranno nei dati Exif data ora e luogo.

 

Conservazione

Realizzare una collezione di penne può essere molto utile a scopo didattico e per consentire di apprendere meglio i trucchi per la loro identificazione. Si possono raccogliere le singole penne che si trovano sul campo, solitamente cadute per la muta annuale che tutti gli uccelli fanno ma se si rinviene un uccello morto o una carcassa predata si possono anche staccare le penne una ad una e montarle in ordine su un cartoncino.

Il modo migliore per collezionare le penne è quello di montarle con una goccia di colla o con del nastro trasparente su un cartoncino A4 da inserire poi all’interno delle apposite buste A4 per quaderni ad anelli; sul cartoncino sarà facile scrivere i dettagli (ad esempio il tipo di penna, P1, T1 etc, la specie, il luogo di ritrovamento, la data etc); le buste vanno poi agganciate su un quaderno ad anelli così da tenere tutto perfettamente in ordine.

Se le penne sono stropicciate o sporche di fango, o sangue, è bene prima lavarle; questa operazione si può fare immergendo le penne in acqua tiepida con del sapone di marsiglia o ancora meglio con shampoo per capelli; le penne vanno poi asciugate con cura, non vanno assolutamente lasciate umide, e si possono “pettinare”  lisciando il vessillo con le dita al fine di riagganciare tutte le barbe una all’altra attraverso i loro uncini. Se la penna è solo sgualcita e stropicciata sarà invece sufficiente tenerla con una pinza sopra una pentola dove si fa bollire dell’acqua; l’effetto del vapore acqueo ammorbidirà la cheratina e farà miracolosamente tornare la penna alla sua forma originale; se le pieghe sono eccessive ci si può aiutare con le mani a raddrizzare la penna e successivamente una volta asciugata per bene la si può “pettinare” come descritto in precedenza.

Poiché le penne degli uccelli sono fatte di cheratina, una proteina di cui si nutrono diversi insetti che dunque possono rovinare la nostra collezione è bene usare delle sostanze insetticide e fungicide che impediscano a questi organismi di attaccare le penne; per questo scopo funzionano bene la canfora e la naftalina; periodicamente la collezione deve essere controllata e le sostanze deterrenti vanno rimpinguate perché evaporano.

Anche la luce col passare del tempo può rovinare il colore delle penne, per questo motivo è bene conservarle in una scatola ermetica chiusa e buia all’interno della quale va sempre mantenuta la presenza di canfora o naftalina.

 

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Fatte e borre

 

Introduzione

Le fatte e le borre sono ottimi segni di presenza che forniscono anche informazioni sull’alimentazione degli animali. Se si ha una certa esperienza è possibile a una breve analisi capire senza grandi rischi di sbagliare la specie che l’ha prodotta ma per il neofita questo non è sempre facile; raccogliere misurazioni e foto dunque è molto utile per identificare meglio questi segni di presenza o chiedere un parere agli esperti.

 

Documentazione

Una volta trovata una fatta o una borra è importante segnare sul taccuino alcune informazioni che possono aiutare nell’identificazione:

-Tipologia: deiezione liquida (tipica degli uccelli), fatta singola o in pezzi (tipicamente di mammifero carnivoro) o fatta multipla (tipicamente di mammiferi erbivori)

-Lunghezza e larghezza della fatta

-Presenza di una estremità appuntita

-Attorcigliamento

-Composizione esterna (se si osservano resti vegetali o peli/penne)

-Data, luogo, habitat, altitudine

 

Scattare una o più foto, ricordandosi sempre di posizionare un righello come riferimento metrico, è sempre un ottimo metodo per studiare la fatta successivamente o per chiedere un parere agli esperti.

 

Conservazione

A scopi didattici o per passione è possibile anche realizzare una collezione di fatte (solide) e borre. In questi casi, considerati i rischi sanitari, è importante usare dei guanti usa e getta in lattice per maneggiare questi reperti; una volta raccolti li si ripone in una busta ermetica e col pennarello vi si segna data e luogo del ritrovamento. Una volta a casa fatte e borre devono essere fatte essiccare possibilmente al sole; per eliminare eventuali patogeni, sempre riponendo il tutto in una busta ermetica è bene  fare un periodo di congelamento (almeno 1 settimana) e a questo punto si può spruzzare della vernice trasparente spray che consoliderà i reperti e li proteggerà da eventuali insetti.

Analizzare le borre

 

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Nidi, tane e altre dimore

 

Introduzione

Il momento migliore per trovare i nidi degli uccelli e dei mammiferi è l’inverno, quando la vegetazione si è ridotta e le foglie sono cadute scoprendo queste costruzioni, in questo modo si evita di disturbare eventuali soggetti in fase di riproduzione; bisogna comunque portare molta attenzione perché i nidi dei mammiferi come lo scoiattolo o moscardino potrebbero essere abitati!

Attenzione non disturbare i nidi attivi!!! Come si è detto all'inizio di questo articolo si possono prelevare a scopo di collezione i nidi solo in inverno.

 

Documentazione 

Quando si trova un nido, si possono scattare delle foto per avere una documentazione dettagliata che rimanga nel tempo; è bene eseguire scatti diversi da vari punti di vista, alcuni più dettagliati sul nido altri più ambientati per mostrare l’ambiente circostante o la pianta su cui è  costruito il nido; in corrispondenza delle foto è bene annotare sul taccuino una serie di altre informazioni elencate successivamente.

-data del ritrovamento e luogo

-habitat e altitudine

-Tipologia di nido (a coppa, a cupola, di fango, scavato etc)

-Localizzazione (a terra, sull’erba, su cespugli, su albero e relativa specie vegetale su cui si trova)

-Altezza da terra

-Materiali da costruzione interno ed esterno

-Dimensioni: nei nidi aperti a coppa si misura il diametro esterno e interno e l’altezza esterna e interna; nei nidi scavati su legno o pareti sabbiose si misura il diametro e la forma del foro d’entrata;  nel caso di nidi chiusi si misurano l’altezza e la larghezza e anche il diametro del foro di entrata e la sua altezza rispetto al fondo del nido.

-Orientamento dell’entrata (nel caso di nidi scavati con foro d’entrata per es gruccione, picchi etc)

-Altri dettagli (per esempio se il nido è appeso, se è vicino o lontano dal tronco, se è “cucito” su una biforcazione etc.)

 

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Come misurare i nidi

 

Note:

Se usate lo smartphone per fare le foto attivate sempre il gps e nelle impostazioni della fotocamera attivate la geolocalizzazione, in queste foto su ogni foto verrà registrata la posizione registrata dal gps e sarà possibile successivamente “geomappare” le foto su una mappa.

Nel caso di tane scattare diverse foto da quelle più in dettaglio a quelle più ambientate e registrare sul taccuino le seguenti informazioni:

-data e luogo

-habitat e altitudine

-verificare la presenza di altre entrate

-misurare il diametro e la forma delle entrate

-verificare l’orientamento delle entrate

-utilizzo della tana: verificare se ci sono ragnatele nelle entrate, se c’è terra fresca estratta

-terreno estratto: distribuzione, forma, dimensioni dei monticelli

-cercare altri segni di presenza: aculei, impronte, graffi sui tronchi, fatte, resti di cibo, vegetali mangiati nei dintorni dei fori d’entrata etc

 

Conservazione

I nidi possono essere collezionati, vanno asportati nel periodo invernale ma, nel caso dei Mammiferi,  come si è già detto, bisogna sempre assicurarsi che non siano usati per lo svernamento o il letargo. I nidi vanno prelevati con anche il ramo o i rami dove sono fissati per evitare che perdano la loro caratteristica forma; anche in questo caso bisogna stare attenti a non danneggiare l’albero o l’arbusto troncando i rami. Inoltre, poiché i nidi possono contenere varie tipologie di parassiti devono essere sterilizzati (chiusi per 2-3 settimane in una cassetta di disinfestazione ermetica con solfuro di carbonio o altri preparati tossici).

 

Resti alimentari

Se i pasti sono di origine vegetale possono essere raccolti e conservati senza problemi; ad esempio semi rosicchiai da roditori o aperti, gusci di noci e nocciole, segni di rosicchiatura sulle cortecce o sui rami etc; a questo scopo sono utili i tronchesini che consentiranno di tagliare la parte di ramo dove vi sono le tracce di alimentazione. I materiali di origine vegetale non necessitano di trattamenti particolari per essere conservati; nel caso di rami o polloni sarà sufficiente farli essiccare.

I pasti di origine animale invece non sono adatti a essere collezionati ma si possono raccogliere le parti non soggette a imputridire ad esempio penne, ciuffi di pelo, crani e ossa. Le borre sono un’ottima fonte di crani di micro-mammiferi, soprattutto le borre di rapaci notturni come il gufo comune, facili da trovare in grande quantità.

Nel caso delle pigne, col passare del tempo, si possono verificare problemi di conservazione perché la disidratazione può deformare le loro strutture e renderle più deboli e friabili, rovinando l’aspetto originario; in questo caso è consigliabile avvolgere la pigna con della garza durante l’essiccatura in modo tale da mantenere le squame chiuse

 

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